7 nov 2009

IL CROCFISSO NELLE AULE



Stavo leggendo, sull'edizione digitale de "Il Corriere della Sera" di oggi, un profondo articolo, firmato da Claudio Magrìs, che mi piacerebbe riassumere e commentare per i miei cinque lettori.
Riporto i passi che mi sembrano più significativi:
"Quella figura rappresenta per alcuni ciò che rappresentava per Dostoevskij, il figlio di Dio morto per gli uomini; come tale non offende nessuno, purché ovviamente non si voglia inculcare a forza o subdolamente questa fede a chi non la condivide. Per altri, per molti, potenzialmente per tutti, esso rappresenta ciò che esso rappresentava per Tolstoj o per Gandhi, che non credevano alla sua divinità ma lo consideravano un simbolo, un volto universale dell’umanità, della sofferenza e della carità che la riscatta."
E, più avanti:
"Quell’uomo in croce che ha proferito il rivoluzionario discorso delle Beatitudini non può essere cancellato dalla coscienza, neanche da quella di chi non lo crede figlio di Dio."
Io, personalmente, dopo quattordici anni passati studiando in collegi religiosi, ho finito per non creder più. Inoltre, oggi come oggi, si dubita sulla realtà storica, indimostrabile, di Gesù.
Però non posso non condividere quello che dice Magrìs, che il messaggio, suo o no, che ci hanno lasciato i Vangeli è, da un punto di vista etico, quello che ha conformato la società occidentale.
Aggiunge Magrìs: "La sentenza (della Corte Europea)...darà a tanti buffoni la tronfia soddisfazione di atteggiarsi a buon prezzo a campioni della Libertà o dei Valori, il crocifisso troverà i difensori più ipocriti e indegni, quelli che a suo tempo lui definì «sepolcri imbiancati»".
Per chi voglia leggere l'articolo completa (ne vale la pena), segua questo link:
http://www.corriere.it/editoriali/09_novembre_07/Il-crocifisso-simbolo-di-sofferenza-che-non-puo-offendere-nessuno-claudio-magris_bbaa4b9e-cb6d-11de-8d35-00144f02aabc.shtml

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