"Memento, homo, quia eres pulvis et in pulverem reverteris" diceva lo schiavo che manteneva la corona d'alloro sulla testa del generale romano durante il trionfo: ricorda, uomo, che sei polvere e tornerai alla polvere.
Eppure, anche a coloro che , come me, sono convinti che "dopo" non c'è più nulla, la visita alla tomba dei cari estinti provoca un sentimento che va più in la del dolore: è il ricordo del tempo passato insieme, la tenerezza di un affetto perdurante, come quando si guarda con rimpianto la fotografia di un amore perduto. Ma, sopratutto, la sensazione, profonda anche se irrazionale, che ci stiano vedendo, che ci sono ancora vicini con il loro amore che, già, non finirà più.
È questa necessità psicologica, profonda, intensa, che ci spinge a visitare i sepolcri dei nostri cari estinti. E ad essere orgogliosi di loro, anche se non sono stati "grandi" nella vita, un vita quotidiana di lavoro, di preoccupazioni e piccole gioie, ma anche, e sopratutto, di amore.
E, se il defunto sì è stato "qualcuno" (non posso dimenticare l'amico che si inorgoglisce al ricordare che il 5 di questo mese è l'anniversario della morte del bisnonno garibaldino...), ricordiamo il Foscolo: "A egregie cose il forte animo accendono / l'urne dei forti..."