18 giu 2011

UNA GITA A NAPOLI



Si erano conosciuti per Internet su una pagina di un social network, poi l'amicizia virtuale si era trasformata in reale, grazie al fatto che entrambi vivevano in quello stupendo fazzoletto di terra in mezzo all'Atlantico che è l'isola di Gran Canaria. Luciana archeologa di professione, specialista in civilizzazioni preromane del Mediterraneo, lui appassionato amateur di archeologia, avevano trovato una ragione, un affinità culturale che aveva trapassato i limiti dell'amicizia virtuale per trasformarsi in un solida amicizia reale. Aveva trasferito su di lei tutto l'affetto che provava per la sua figlia reale, unica dopo cinque maschi, che, anni prima, aveva rotto tutti i contatti senza alcuna ragione che gli fosse dato intendere (“Dobbiamo parlare”, gli aveva scritto qualche anno addietro in risposta ad un suo e-mail col quale lamentava il silenzio ed il gelo che si era stabilito fra loro due ma non avano mai parlato...).
“Sei mai stata a Napoli?” le domandò.
“No...”
“Allora ti faccio una proposta. Quando prendi le ferie?”
“A giugno”
“Se vuoi, ti porto a Napoli per un paio di giorni. Ti va l'idea?”
Luciana accettò l'idea, ed ai primi di giugno partirono. Presero un volo diretto da Las Palmas ed arrivarono nella tarda mattinata all'aeroporto di Napoli Capodichino, dove affittarono una macchina.
Per il Corso Lucci arrivarono a piazza Garibaldi, completamente intasata di auto con centinaia di clacson che strombazzavano contemporaneamente a più non posso.
“Che chiasso infernale!” commentò Luciana.
“Che ci vuoi fare? Nella mente del napoletano esiste la strana convinzione che, suonando il clacson, la macchina che sta davanti a lui si muova...”
Poi il Rettifilo, per via Depretis arrivarono alla fine a piazza Municipio, difronte alla mole grigia del castello del Maschio Angioino. Parcheggiarono la macchina e si avviarono a piedi verso il castello.
“Che te ne pare, fin qui?” le chiese.
“Uhm...non è che abbia visto molto...però, fin qui, bene, mi piace.”
Per fortuna, quel giorno il Maschio Angioino era aperto ai visitanti, sicché, varcato il portale marmoreo aragonese, poterono vedere la famosa Sala dei Baroni, dove il papa Celestino V fece “il gran rifiuto” ed il successivo conclave elesse il famoso Bonifazio VIII, ed ammirare le sottili nervature di pietra che sostengono la enorme cupola.
“Qui si respira la storia!” mormorò Luciana.
“Sì, troppo spesso noi napoletani ci dimentichiamo chi siamo stati...”
Pranzarono in un buon ristorante non lontano, in via Santa Brigida, e poi, ripresa la macchina, senza mai lasciare il lungo mare, per via Nazario Sauro, poi via Partenope, poi per via Caracciolo fino al porticciolo di Margellina e la Villa Comunale. Al passare all'altezza del Castel dell'Ovo, come lanciato in mezzo all'azzurro del del mare su di una lingua di terra, lui le domandò:
“Sai cos'è quella massa di tufo giallastro che sembra navigare verso orizzonti lontani? È il Castel dell'Ovo, anteriore al Maschio Angioino, dove visse la regina Giovanna I.”
“Perché si chiama così?”
“Il nome deriva da un'antica leggenda secondo la quale un mago nascose nelle segrete dell'edificio un uovo che mantenesse in piedi l'intera fortezza. La sua rottura avrebbe provocato non solo il crollo del catello, ma anche una serie di rovinose catastrofi alla città di Napoli.”
In piazza Plebiscito, Luciana ammirò il colonnato della chiesa di San Francesco di Paola, che copiava, a scala ridotta, quello della Basilica di san Pietro a Roma, e si soffermò davanti alle sei statue a grandezza naturale nelle nicchie della facciata del Palazzo Reale, tre per ogni lato del cancello d'ingresso.
“Chi sono questi personaggi?”
“Sono i re delle diverse dinastie che si sono succedute sul trono di Napoli, dal più antico, Ruggero il Normanno, fino al più recente, Vittorio Emanuele II di Savoia, passando per Federico II di Svevia (che Dante chiama “il vento fresco di Soave”), Carlo D'Angiò (quello che fece costruire il castello che abbiamo visitato e che da lui prende il nome), Carlo V d'Asburgo, Carlo III di Borbone, il “re buono”, a cui si devono grandi opere di beneficenza come l'Albergo dei poveri, poi Gioacchino Murat, che in realtà fu solo Viceré, governando in nome del cognato Napoleone Bonaparte”.
“Quanti secoli! Sono stupita, non lo sapevo!”
“Già. Siamo più vecchi di voi...Il Regno di Spagna nasce al finale del secolo XV, mentre quello di Napoli agli inizi del XIII! Quasi tre secoli prima!”
“Via, non vorrai litigare per ragioni di storia, no?”
“Io, litigare con te? Macché! Era solo una battuta...Ma ora ti porto a pranzare...”

Nessun commento:

Posta un commento