6 giu 2011

DIARIO DI UN EREMITA


Se ad uno la parola “eremita” evoca l'immagine di San Girolamo, ebbene, no, non sono quel tipo di eremita: non vivo in una grotta sperduta nel deserto, ma in un grazioso miniappartamento in una località turistica, non mangio solo erbe ma, pur senza essere un gourmet, faccio i miei tre pasti quotidiani come ogni figlio di madre e bevo litri di caffè. Questo miniappartamento (un saloncino-cucina, una stanza da letto matrimoniale ed un bagno) è situato in un edificio bianco dalle ringhiere ed il cornicione blu, abbarbicato a mezza costa ( quasi centro metri dal fondo valle) sulle pendici quasi a picco di lave brune, scisti azzurri e grigi e tufi marroni del barranco (gola) di Taurito, in Gran Canaria, che inoltrandosi per chilometri verso nordest tra alte colline, si apre a sudovest in una spiaggetta , poche decine di metri di arena grigia, sull'Atlantico.
Non sono un eremita in quel senso, dunque: tra l'altro, Internet mi serve da cordone ombelicale che mi mantiene in contatto con la mia adorata Italia con le edizioni digitali dei principali quotidiani italiani,e con tanti amici sui social networks che alleviano la mia solitudine di pensionato.
No, il mio eremitaggio è dovuto ad una scelta personale, dopo i tanti fallimenti della mia vita, incominciando per la professione.
Già da giovanissimo scrivevo: poesie, un romanzo incominciato e mai finito, un'opera teatrale, quest'ultima scritta solo perché c'era una scena in cui il protagonista dava un bacio alla protagonista e speravo di metterla in iscena avendo come protagonista me stesso e, come coprotagonista femminile, una ragazza per la quale avevo preso una cotta. E poi le lunghe chiacchierate su temi di letteratura e filosofia con mia cugina Wanda, che aveva lasciato la facoltà di lettere al quarto anno per sposarsi...
Però, verso i dodici anni, conobbi un ragazzo che possedeva una scatola del “Piccolo Chimico”, e mi affascinò. La mia “storia” con la chimica è stata quella di un matrimonio fallito: iniziò con l'infatuazione, poi l'amore, poi la routine, le delusioni professionali, poi la rottura definitiva, ed ora la catarsi con il ritorno alle origini.
Qui, nel mio rifugio, lontano dalla confusione della città, nella pace ed il silenzio, posso ascoltare la musica che a me piace, Chopin, Beethoven, Grieg, Tchaikowsky, leggere un buon libro...Ho anche ripreso a scrivere, poesie, e perfino un romanzo.
Dunque, eremita sì, ma monaco di clausura no: tutti i giorni scendo per una passeggiata al fondo del barranco, nel gran parco verdeggiante di palme e piante tropicali dei tutte le specie, e, al centro di una grande piscina con scivoli e giochi d'acqua, un'isola artificiale con una discoteca. E, sopratutto, folle di turisti, generalmente nordici, e frotte di bambini che si rincorrono, gridano, ridono, ed a me viene il magone e l'acuta nostalgia per i miei due nipotini che non vedo da anni.
Vivo qui in Gran Canaria da ormai tredici anni. Arrivammo qui tutti dalla provincia di Madrid, però poi la famiglia si è andato smembrando, uno ad uno sono tornati alla penisola. Sono rimasti qui solo due dei figli e, di questi, uno lo vedo solo a Natale.

Nessun commento:

Posta un commento