10 giu 2011

IL PRESEPE DI PAPÀ



Avrò avuto cinque o sei anni quando mio padre allestì il presepe più grande che avesse mai allestito, e che mai più, in seguito avrebbe uguagliato.
La casa, situata in un edificio di vecchio edificio dalle scale con gli scalini sbrecciati della zona vecchia di Camogli, si sviluppava tutto attorno ad un salone centrale e, oltre alle camere da letto e la cucina, aveva uno stanzino buio, stretto e lungo. In questo stanzino mio padre mise due panchette e, poggiate su di esse, alcune lunghe tavole piane. Su questa base montò poi uno scheletro di listelli sottili di legno per fare le montagne.
Su questo scheletro, a differenza di come si usa fare a Napoli, non usò pezzi di sughero, ma una carta speciale, a chiazze marroni e verdi. Questi fogli di carta si appallottolavano per spiegazzarli il più possibile, poi, aperte le pallottole, si incollavano sullo scheletro di legnetti con colla di farina fatta all'uopo, giacché a quei tempi le colle bianche “industriali” tipo Vinavil non esistevano. Il cielo lo realizzò con grandi fogli di carta blu notte, su cui aveva precedentemente spruzzato con un grosso pennello della pittura bianca all'acqua per “fare” le stelle. E questo cielo non ricopriva solo la parte posteriore della scena, tra una montagna e l'altra, ma faceva una vera e propria volta coprendo anche il soffitto dello stanzino. Lungo le pedici delle montagne si snodava un sentiero che portava fino alla grotta, alla loro base. Davanti alla grotta, una spianata ricoperta di muschio fresco, “raccolto” specialmente per l'occasione.
Le figurine erano tantissime, di grandezza variabile: le più piccole si sarebbero collocate sulla stradina che scendeva dalla montagna, aumentandone sempre le dimensioni fino alle più grandi, che si collocavano davanti alla grotta, e quelle della sacra famiglia, il bue e l'asinello. Erano tutte di una squisita qualità artistica, e rappresentavano pastori e contadini, con i loro abiti caratteristici e portando doni di tutti i tipi, da un agnello caricato sulle spalle, a ceste di prodotti del campo. Ai due lati della grotta, c'erano due zampognari, che suonavano la ninna-nanna per il bambinello. Tutto lo scenario era illuminato da piccole lampadine elettriche, abilmente occulte. Alla mezzanotte, si portò il bambinello alla grotta con una piccola processione, cantando “Tu scendi dalle stelle”.Fu davvero emozionante.

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